Dialogo con me stessa.

Credits : Jeff Hong
Credits : Jeff Hong

 

Ognuno di noi ha modi differenti dialogare con sé stessa e con il prossimo.
Per alcune di noi il momento nel quale prender coscienza di sé arriva prima, per altre dopo, per alcune apparentemente troppo tardi anche se non è mai troppo tardi per scegliere di volersi bene.
Recentemente sono stata ad un corso di formazione per la mia azienda, uno di quei corsi nei quali ti spiegano come e perché la donna debba aderire ai determinati stereotipi nonché canoni di bellezza che la società -le aziende- impone loro.
Lavoro da tanti anni nel settore della profumeria e della cosmetica; sono stata per alcuni anni una di quelle ragazze che rincorrevano a fatica il modello della perfezione, una di quelle che rientrano appieno nel target delle grandi major, una di quelle che non si amano affatto quando si guardano allo specchio e che, di conseguenza, non amano nemmeno per sogno le altre donne e i loro corpi.
In quegli anni di gioventù e superficialità, ho avuto una delle mie relazioni sbagliate.
Un bellissimo ragazzo, il tipico ragazzo da copertina, con autostima apparentemente altissima (ma in realtà inferiore a quella della me di allora), con l’ossessione per l’apparenza, con l’abitudine dell’ostentazione della perfezione e la condanna all’imperfezione.
Il tipo di ragazzo che ti conta le calorie nel piatto, che ti compra le creme per la cellulite, che ti vuole vestita e truccata in un certo modo se no non va bene fra noi, quello che ti sceglie i vestiti e i trucchi, quello a cui non vai bene quando sei acqua e sapone.
L’autostima già vacillante che avevo, in quelle circostanze fece sì che io divenni una bambola.
Sotto pressoché tutti i punti di vista.
Fortunatamente (col senno di poi) la storia finì in pochi anni.
Ancora fortunatamente ho sempre avuto una costituzione magra quindi non ho mai “patito” particolarmente la pressione ossessiva sulla forma fisica, ho però pagato il prezzo dei sensi di colpa verso me stessa per tutto il resto quando ho aperto gli occhi.
Ma anche questo passa, fidati, basta un po’ di amor proprio.
Ho saputo di recente che la ragazza che ha avuto dopo di me è caduta nella spirale della bulimia e ha fatto avanti e indietro per cliniche prima di scegliere di volersi bene e lasciarlo.
No, non è mia intenzione mettere i pesi sulla bilancia e stabilire le percentuali di colpa nelle relazioni, non è assolutamente mia intenzione, ci tengo a dirtelo.
Ma ci tengo altrettanto a farti capire cosa possa succedere quando tutto il nostro mondo gravita intorno all’immagine che diamo piuttosto che a ciò che siamo.
Specie se il rapporto di coppia contribuisce a danneggiare questa situazione già di per sé potenzialmente dannosa.
Ma torniamo a qualche giorno fa.
Ogni qual volta entro nelle aule di questi corsi di formazione, mi assale la voglia di salire in piedi sul tavolo e gridare, gridare forte e strappare tutte le loro facoltose ricerche di mercato, le loro indagini sui target più sensibili, i mirini sugli anelli deboli…
Perché lavoro ancora in questo settore allora?
Perché ho scoperto con il tempo ciò che in questo corso, differente da tutti gli altri, una splendida donna ha voluto  e saputo mettere in chiaro molto meglio di quanto avrei potuto fare io.
La relatrice di questo corso, che chiamerò Elena per rispetto alla privacy, è una bella donna sulla cinquantina, con le forme morbide ed il viso non rifatto.
Prende in mano la situazione da subito, raccontandoci la sua esperienza di vita, il suo periodo nero nella depressione, nell’alcool e nel tentato di suicidio, raccontandoci delle enormi difficoltà passate per avere un figlio e nel conforto di una relazione con un uomo che ha saputo aiutarla nei suoi periodi fragili.
E calca sulla parola fragile con orgoglio, perché è fiera di essere stata fragile e poi forte  e poi fragile ancora, in una sinuosa sinfonia che compone ogni giorno dentro e fuori di sé.
Piange, mentre ci racconta tutto ciò, e io piango con lei perché la sento, la capisco.
Ci racconta di quanta forza risieda nel cuore di una donna, di quanto coraggio serva per decidere di volersi bene quando si è abituati, invece, ad odiarsi e disprezzarsi.
Ci sprona a non avere paura di piangere in pubblico, a non temere di sembrare emotive perché l’emotività è un dono prezioso e va cullato dentro il proprio cuore.
CI dice che i periodi neri non vanno mascherati con un sorriso e ingoiati giù a marcire dentro, ma accettati e respirati e lasciati passare perché sono quei periodo a farci crescere di più.
Ci invita a respirare di più e a respirare meglio per connetterci ai nostri cuori e ai nostri corpi.
Ci incoraggia a sentirci  e vederci belle “nel perimetro delle nostre imperfezioni” per riuscire così a non considerarle più come tali.
Ci spiega come sia importante svilupparsi come donne consapevoli, imparare a scegliere per noi stesse le nostre strade, aiutandoci a vicenda e rovesciando il sistema cui siamo abituate, imparando a volerci bene per come siamo e non per come vorrebbero che noi fossimo.
Imparando a spalleggiarci.
Sì, perché ci spiega con parole sue l’importanza e il valore dell’aiuto che le donne possono dare alle altre donne, partendo semplicemente con lo smettere di giudicarci e di giudicare le altre.
La cellulite?
La tinta da fare?
I chili di troppo?
…e allora?
Se io sto bene con me stessa con i miei capelli grigi e con la mia buccia d’arancia chi sei tu per dire che non vado bene così come sono?
Avrò voglia di cambiare?
Bene, solo allora lo farò.
Non vorrò cambiare mai?
Bene, allora non lo farò.
La fermo nella pausa caffè, la ringrazio,le dico che la ammiro, la abbraccio.
Lei ricambia.
Anche una sola donna in tutta l’aula che la apprezza per ciò che ha detto e per come l’ha detto -mi spiega- vale la pena di tenere corsi a così tanti chilometri di distanza da casa sua.
Anche una sola donna che voglia realmente portare avanti l’ideale del cambiamento, vale la pena di notti i bianco nei B&B a preparare i discorsi da fare il giorno successivo.
Non vendere, mi spiega, ascolta e regala empatia.
Respira con ogni persona che ti parla e prova ad entrare in sintonia con essa, poco importa cosa voglia o con cosa esca dal tuo negozio, non è quella la cosa importante -prosegue- perché conta solo esserci quando qualcuno ha bisogno di essere ascoltato.
Ecco ciò che davvero serve nel nostro settore per poter fare un salto di qualità.
L’ascolto.
Il rispetto.
Alla base di tutto.
E ascolto e rispetto nel nostro settore sono un filo sottile, facile da rompere perché sei sempre in bilico tra l’etica e l’interesse.
Ma servono donne equilibriste, ci spiega quando riprende il corso, che sappiano e vogliano farlo.
Rispetto, e comprensione.
Sorellanza, ci dice.
Mi guardo intorno e vedo occhi sbarrati e sguardi stupiti.
Vorrei saper leggere nel pensiero altrui e sapere se il messaggio sta arrivando, perché io ci spero con tutto il mio cuore.
E io sorrido e penso a Mi Diras Nur e a come sia facile trovare assonanze con i propri valori persino in circostanze avverse oppure in contesti totalmente differenti.
Ma quale nesso può esserci fra queste belle parole e un sito che parla di violenza?
La speranza.
Che ogni donna impari a volersi più bene e a non permetta a sé stessa o ad altri di sminuirla o farla sentire meno bene nel proprio corpo o nel proprio cuore.
Che ogni donna scelga, ogni giorno di voler stare bene e far star bene le persone intorno a sé.
Che sempre più donne siedano in cattedra o tengano corsi valorizzando l’anima e la mente delle persone.
Che sempre più donne scelgano di aiutare le altre donne, ognuna alla sua maniera, chi nei centri antiviolenza, chi nelle erboristerie, chi nelle palestre e chi dal parrucchiere.
Perché i piccoli gesti partono da noi, sempre e comunque e io in questo ci credo.
Perché ognuna di noi è un anello di una grande catena di cambiamento.
Dobbiamo solo scegliere di volerlo vedere e di voler cambiare.
Ognuna di noi nel proprio, specialissimo modo.

Valentina Ferraro – Il Gatto Verde Acqua

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