Pillole legali: Come si fa una denuncia e cosa succede dopo che l’ho fatta?

Nelle storie di violenza che quotidianamente ci troviamo ad ascoltare il momento della denuncia è sicuramente quello più difficile ma anche uno dei più catartici. Le donne e gli uomini che si rivolgono alla nostra associazione vedono sempre con una certa diffidenza il rapporto con le Autorità, un po’ perché credono che la procedura sia lunga e difficile e un po’ per la generale sfiducia nella capacità di intervenire per aiutare concretamente le vittime; con questo articolo vorremmo invece invitare chiunque si trovi a subire una situazione di sopruso ad affidarsi, perché se è vero che in televisione le storie di cattiva giustizia vengono spesso enfatizzate ci sono anche tantissime altre situazioni che invece hanno un esito positivo a cui possiamo e dobbiamo ispirarci. Vediamo come.

Denunciare è, anzitutto, sempre e comunque e qualsiasi sia la nostra storia, la cosa migliore da fare, e questo sia da un punto di vista legale (perché ci consente di tutelarci) sia da un punto di vista psicologico, perché ci aiuta ad avere l’impressione di aver fatto concretamente qualcosa di utile per toglierci dalla situazione di sofferenza in cui ci troviamo.

Ma come si fa una denuncia? La cosa più semplice ed anche la più utile è rivolgerci ad un legale che saprà consigliarci e darci l’aiuto tecnico di cui abbiamo bisogno, oppure andare in una qualsiasi stazione dei Carabinieri e raccontare per filo e per segno cosa è successo. Se non vogliamo, possiamo comunque prendere un foglio di carta e iniziare a scrivere (a mano o a pc è uguale) tutto quello che riteniamo utile. Iniziamo dal principio, come se dovessimo raccontare una storia, la nostra; non indugiamo in riferimenti inutili ma nemmeno omettiamo qualcosa che ci sembra importante. Possiamo farla lunga quanto vogliamo, ma ovviamente teniamo conto che qualcuno che non ci conosce dovrà leggerla; cerchiamo quindi di tenere uno stile asciutto, facile, ma completo. Scriviamo tutto, ma proprio tutto, senza vergogna: cosa è successo, dove, a che ora, chi c’era con noi con nome e cognome e indirizzo di residenza, le parole dette (si, anche le parolacce!), che intenzioni aveva chi stiamo denunciando. Indichiamo il responsabile con nome, cognome e indirizzo e aggiungiamo tutti i dati che abbiamo e che possono servire a rintracciarlo: dove abita, dove lavora etc. Alleghiamo se le abbiamo le foto o i documenti (ad esempio certificati medici) che ci sembrano utili; nel dubbio, meglio mettere qualcosa di inutile che non metterlo. Ricordiamoci che non è necessario indicare niente dal punto di vista tecnico; noi dobbiamo limitarci a narrare i fatti nel modo più completo e veritiero possibile, sarà poi chi indaga a capire quali reati sono stati commessi e come.
Alla fine firmiamo il foglio con il nostro nome e cognome e indichiamo i recapiti dove ci possono trovare (telefono, indirizzo). Poi prendiamo tutto e portiamolo alla stazione dei Carabinieri (di persona!) dicendo espressamente che dobbiamo depositare una denuncia; i militari non possono rifutare di prenderla.  Se per qualsiasi motivo non vogliamo o non possiamo o non ci sentiamo di andare dai Carabinieri, possiamo portarla direttamente in Procura; a Monza, bisogna andare nell’edificio proprio a fianco del Tribunale al primo piano. Ricordiamoci che comunque anche dopo aver depositato la denuncia è opportuno portarne copia ad un avvocato che potrà dirci se c’è qualcosa da aggiungere (soprattutto dal punto di vista tecnico) e seguire meglio l’evoluzione del procedimento.
Già, perché cosa succede dopo che l’abbiamo depositata? La nostra denuncia verrà assegnata ad un Pubblico Ministero con un numero identificativo. Verranno aperte le indagini sul vostro caso; si analizzeranno i documenti, potreste essere convocate voi e le persone di cui avete indicato il nome perché viene ritenuto opportuno fare delle domande di approfondimento. Ricordiamo che già in questa fase possono essere disposti rimedi come l’allontanamento dalla casa famigliare o il divieto di avvicinamento, necessari a tutelare la persona offesa quando la situazione si presenta particolarmente pericolosa. Quando il Pubblico Ministero riterrà di avere la situazione chiara, potrà decidere se chiedere di andare a processo o chiedere, invece, di archiviare perché ritiene che non sia stato compiuto nessun reato.
Nelle prossime settimane vedremo meglio cosa succede e cosa è meglio fare da questo punto in poi, ricordandoci sempre che fin dalla primissima fase della nostra rinascita è importante cercare una rete che ci consenta di valutare ogni scelta e non demordere, tenendo fede alla promessa di volerci, finalmente, più bene.

Roberta Crespi
Avvocato del Foro di Milano, esercita la professione in ambito sia civile che penale. 
Per Mi Diras Nur fornisce supporto legale e scrive articoli per il Magazine per spiegare in modo semplice cosa fare in caso di difficoltà. Mail: rcrespi@live.it

 

 

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